di Daniel Buso - critico d'arte



E' come guardare dal buco della serratura che chiude il suo vissuto di esperienza. E' un insieme di frammenti privo di confini delimitati nell'evoluzione della sua poetica simbolista, la "radice" dell'albero è il segno primario che la pittrice ha elevato a elemento essenziale di questa poetica.

Una pregevole metafora traboccante di pieghe al cui interno adagiare una congerie di riferimenti. C'è il senso organico della parola: la radice come componente fisica dell'albero che tanto più cresce in profondità, quanto "più l'albero cresce in altezza". Oppure il senso spirituale: la radice come esca "che ci intrappola in un comportamento inconscio". E ancora il riferimento filosofico alla base del pensiero greco relativo all'uomo: la radice collocata sul confine tra il concetto di zoè (l'uomo in quanto animale istintuale) ed il concetto parzialmete oppositivo di biòs (l'uomo in quanto animale sociale, condizionato dalle convenzioni e dalle regole del suo tempo).

"Ancorata alle origini" è, per esempio, una donna sommersa nel baratro di un futuro inconoscibile. Eroina capace di svincolarsi elegantemente dal rischio della perdizione del sè aggrappandosi con stretta sicura alle tradizioni incarnate nell'oggetto biomorfo (nella "radice") o donna matura incapace di sottrarsi alle convenzioni che la legano ad un passato certo ma soffocante ?
Il disegno ed i colori vengono riportati sulla suoerficie per metonimia e metafora; nel suo caso: una linea di colore è sufficiente a farci vedere la linea obliqua di una schiena arcuata.
Soffermarsi per accogliere dentro di sè l'emozione suscitata, signifca accostarsi a Cristina Acquistucci. Accedere alla sua dimensione estetica, accettare di spartire con lei quel suo mondo; cioè sentirsi liberi di essere trascinati da un continuo riflettere sottile sulle implicazioni delle cose. Rendere queste ultime permeabili ad infiltrazioni di nuovi significati pronti a smuovere l'abitudine della nostra catena elementare di senso.